Lobby, Lobbying e Lobbisti
Stefania Turco
Faccio il lobbista! Davvero? Rispondo mentre mi guardo intorno con circospezione, abbasso il tono della voce avvicinandomi nella conversazione e mi chiedo se devo avvisare le autorità competenti, assicurare meglio il mio portafoglio, o ricordarmi di evitare certi personaggi.
Dal corridoio porticato che delimitava il salone principale dei grandi alberghi per viaggiatori, alla loggia il passo è breve, e la lobby gode del più malevolo impianto di storytelling conosciuto, e accresce la sua fama principalmente da fatti di cronaca non edificanti, che lasciano un senso di repulsione e sfiducia.
Ed ecco che sorge il mio bastian contrario, io non la penso così. Indosso cappa e spada mentre studio un po’ il mondo, delle lobby.
La semantica dice che dal tardo latino Lubia da cui deriva l’inglese lobby e l’italiano loggia, co-significa un ente, composto da un gruppo di persone, che si identifica in uno stesso scopo o gruppo di scopi paralleli fra loro che, anche se con finalità diverse e ovviamente modalità diverse per giungere a meta, esercitano la loro influenza o potere su chi ha facoltà di emanare leggi o chi ha incarichi governativi nella pubblica amministrazione, per ottenere provvedimenti normativi in proprio favore o in favore dei loro clienti, riguardanti determinati problemi o interessi.
Ora vi cito alcuni gruppi che non sono conosciuti come lobby ma che di fatto svolgono proprio questa funzione. Sindacati? Associazione di categoria? ONG? Albi e Ordini professionali? Se vorrete insultarmi scrivetemi un messaggio nei commenti, ma solo il giovedì!
Il lobbista nell’esercizio della sua funzione fa tutto quel popò di roba scritto sopra, grazie alla trama fitta della sua rete sociale, parentale, di influenza e alla propria specifica competenza e, voglio rovinarmi, karisma.
Quindi Lobbyng è esercitare costantemente, fino a raggiungimento del target definito, la propria pressione la cui influenza può far leva su elementi immateriali, come il prestigio di cui il gruppo gode, o i valori tradizionali a cui fanno riferimento, o su elementi materiali tentando di ricavarne qualcosa di molto specifico, possibilmente una norma, una legge o anche solo un emendamento, comunque uno scopo comunitario e sociale. A tale scopo viene usata anche la tecnica di advocacy, ovvero pressione sull’opinione pubblica, e questa sì che una zona d’ombra!
Cos’è una Lobby?
Se scremiamo il termine dall’alone di mistero esoterico che lo circonda e lo riduciamo drasticamente eliminando gli stereotipi di persone affamate di potere, e ritorniamo a quanto detto sopra, ciò che diversifica la pressione è il gruppo di persone in grado di influenzare a proprio vantaggio l’attività del legislatore e le decisioni di qualsiasi governance o di altri organi e enti governativi. Insomma, smuovere l’operato di persone di potere attraverso il gruppo; questi gruppi sono affiatati, hanno un codice di comportamento, una gerarchia inviolabile, dove il vertice detta legge su cosa è bene fare delineato da una precisa mission al fine di rinsaldare i valori della vision del gruppo. Tutto bello, ma anche qui ci sono zone d’ombra. Questa frase inquieta le coscienze, chissà perché poi! Ogni gruppo collettivo, anche quello degli amici del muretto sotto casa, segue le stesse regole sociali!
Quali sono i requisiti formativi per diventare un lobbista?
Non hai bisogno di una laurea, né devi ottenere una certificazione, anche se alcune skill sono equiparate ad ottimi crediti. Tutto ciò che ti serve è la capacità di avere contatti attivi significativi con le governance nei luoghi a loro dedicati, e la capacità di influenzarli durante il percorso. Laurea o diploma, un’ottima istruzione è necessaria, come pure un aggiornamento, costante, diversificato e d’avanguardia.
Quanti lobbisti ci sono in Italia?
Siamo ben lontani dal podio per numero di lobbisti e, anche se l’UE delinea giuridicamente tale figura professionale, siamo distanti oltre l’orizzonte degli eventi, non solo a riconoscere il lobbista, figuriamoci a crearne una normativa specifica. Ma che stai dicendo! Ti posso enumerare tutti i passi fatti…NO! Siamo lontani e basta!
Evito di speculare ma, rappresentare gli interessi di una qualsivoglia comunità è bene e diventa un servizio utile alla comunità, quando la figura professionale preposta è ben delineata all’interno di un contenitore di identità professionale che ne certifichi generalità e materia di specializzazione. Il suo sacrosanto lavoro di rappresentante di interessi consiste nel portare avanti le istanze di una qualsiasi comunità. E infatti il buon legislatore sa ascoltarlo…buoni legislatori ne abbiamo? Tanti così! E allora cosa manca? LA VOGLIA! E la non voglia ha motivazioni specifiche!
Al di là delle sterili polemiche, dai tempi della preistoria della Repubblica si sta cercando di normare l’attività di lobbying. E siamo a tre zone d’ombra!
Ma chi è e cosa fa il lobbista?
Se è non l’uomo che agisce al riparo del proprio incarico come il Remy Danton di House of Cards, chi è ‘sto lobbysta? Un politico, un portaborse, un rappresentante di idee sociali? È l’evoluzione del circolo dei nobili e sapienti che componevano la corte dei Re; quei bizzarri personaggi, oggi in sandali e toga, domani in leggins, gorgiere e cappelli variopinti, che soggiornavano dalla mattina alla sera nella sala delle udienze, in cerca di informazioni, gossip, tutto quanto potesse essere utile a introdurre la loro istanza. Oggi Il lobbista è un rappresentante di interessi, colui che veicola, ad un pubblico decisore, l’interesse di un gruppo, di un’azienda, di un’associazione o del circolo bocciofilo dietro l’angolo; traduce le esigenze di una comunità in una richiesta semplice, rendendola attuabile e la veicola presentandola a chi di potere affinché il gruppo e la loro richiesta siano tutelati a livello normativo. Ovvero che abbiamo un OK puoi operare, un Decreto Legge o un fondo dedicato.
Tutela normativa! Il lobbista impegna il suo tempo, esercitando la propria influenza per realizzare un impianto giuridico consono all’attività del proprio cliente o azienda, o di coloro facenti parte di una categoria non normata. Un gran brava persona!
Infatti, fa in modo che vengano tappati i buchi legislativi, portando alla ribalta comunitaria l’assoluta mancanza, attraverso pubbliche relazioni, convegni, feste nazionali, sagre di paese, chiamata a raccolta firme. Insomma, fa pubblicità, mettendo in risalto l’assenza negativa, chiamando all’azione i decisori e illustrando gli innumerevoli benefici che miglioreranno la vita comune. Poi, dopo aver letto e scritto c’è la parte mitologica della professione: l’associazionismo e il vivere in comune. La letteratura giornalistica ci dice che il lobbista vive con il papillon sempre in tasca, gode di una discreta forma fisica, e doti di intelletto sopra la media; eccolo in veste social, hashtag #imamgenatupuoe.
Il lobbista italiano, differentemente da quanto accade negli Stati Uniti o nella Unione Europea, non ha riconoscimento giuridico. Agisce, opera e vive in un limbo, dove si intersecano piccole regolamentazioni settoriali, regionali e locali, totalmente privato di una legge di contesto che enunci cosa fare e soprattutto cosa non fare. Quindi chi mette in luce i buchi normativi è fatto oggetto di una voragine normativa che ne deprezza l’operato, mette in pericolo gli operatori e i loro sponsor, e regala un alibi grosso così alla politica, eliminando la responsabilità del legislatore di decidere sotto gli occhi di tutti. Questa è una zona d’ombra grossa quanto tutto il parlamento!
Siamo pieni di associazioni no-profit che devono introitare denaro per sostenere principalmente sé stesse; organizzazioni pro-questoequello, che riescono ad ottenere qualcosa solo dopo decine di anni; fondazioni, capacissime nel gestire i loro capitali e accrescerli, restando chiuse a qualsiasi controllo. Ciò confonde il nostro giudizio su questa figura professionale, e la associamo ad una assenza di trasparenza, di corruzione e malaffare e, nella usata e abusata narrativa comune, al velo nero di malvivenza necessaria, gestione personale del potere e mafia. Provate a dire che non è vero se ci riuscite!
E invece ci voglio riuscire. Indosso i panni del rappresentante di interessi per affermare che, normare l’attività di lobbying, è un piccolo passo per il mondo ma è un grosso salto di civiltà in Italia. Tiè, l’ho detto!
Qualsiasi cittadino, rimasto solo in un buco normativo deve potersi rivolgere ad un lobbista, che abbia un nome, una sede e una specifica specializzazione sulla materia, se non certificata, almeno dichiarata!
Scusa Ste, ma non bastano gli avvocati e i politici?
No, i primi dipanano diatribe fra due parti, tributarie, civili o penali; i politici fanno politica, cioè assistono il paese con ciò che ha a disposizione verso una transizione migliorativa … e vabbè, dai! se la butti sul ridere non posso andare avanti. Ti pare che fra tutti i delegati, non ci sia qualcuno che faccia davvero politica?
OK, e cosa dovrebbe fare il lobbista italiano?
Oltre a dire fare baciare lettera ed emendamento, passano ore a raccogliere informazioni per comprendere quando è capiente la voragine legislativa, approfondiscono attraverso lo studio normativo di altre nazioni UE su quell’argomento; ricerche, letture, analisi comparate, per avere ben chiaro cosa sta succedendo a quel gruppo di persone. È molto di più di faccio cose, vedo gente! Hanno doti di pazienza sovraumana, e riescono a interagire con disperati, burocrati, politici arraffoni e portaborse chiusi a fortino. Ve ne vengono di nomi in mente, vero? Sì, pure a me, addirittura divisi ordine di numero di “repubblica”.
L’obsoleto sapiens-sapiens, ora tecnodigital-sapiens, con l’acceleratore a manetta verso Marte, ha urgente bisogno del lobbista che rappresenti i suoi interessi meritevoli di tutela. Basta con ‘ste associazioni di categoria, con ‘ste caste sociali privilegiate, quote rosa, e aiuti etnici!
Lobbisti italiani unitevi, resettiamo il modo di fare politica, e magari anche il codice civile in un unico testo di sole leggi utili, in linea con ciò che siamo diventati. Utopica me! Se rinasco cambio il mondo, semplificandolo!
Il lobbista ci piace quando lavora con le Commissioni, dove l’O.d.G. viene discusso e c’è sincero interesse verso il modo reale. Ci piace molto meno quando usa pressioni sull’esecutivo, con accerchiamento dei dirigenti dei ministri e i loro staff, dove sembra più un faccendiere.
Qual è la differenza fra lobbista e faccendiere?
In Italia tranne i pochi lobbisti dichiarati, esiste un sottobosco di faccendieri, attivi nel gioco sporco delle tre B (booze, broads, bribes – alcool, donne e tangenti), tecnica mai abbandonata portata alla ribalta nei casi di cronaca giudiziaria e scandali politici.
Faccendiere è quel personaggio che trasforma l’iter di decisione pubblica in decisioni prese non pubblicamente e teme una normativa sulle lobby, come la teme la mala-gestione degli appalti pubblici e chiunque si pieghi alla corruzione. Qui scendono le tenebre, altro che zone d’ombra!
Circa 60 disegni di legge andati disattesi, con l’80% di faccendieri non tracciabili, dal reddito non tracciabile, da commissioni di lavoro non tracciabili, da clienti non tracciabili. Così il faccendiere è sempre all’opera e sempre più potente. Le chiamano lobby all’italiana, di italiano non hanno nulla e ricordano molto da vicino impianti malavitosi.
L’obiettivo delle proposte di legge sul Lobby, Lobbying e Lobbisti è regolamentare i pellegrinaggi nel Transatlantico di Montecitorio e dare un senso alle ore passate nelle sale d’attesa delle aule delle Commissioni Parlamentari. Dare un numero di protocollo e un oggetto a chi incontra deputati, senatori, dirigenti dei ministeri, staff dei capi dei dicasteri. Distinguere, la competenza trasparente dal traffico di relazioni. Tracciare una linea di demarcazione fra lobbista e faccendiere, attraverso la Legge che servirebbe a fare chiarezza, magari ponendo un vincolo di rendicontazione per ogni donazione privata, non più anonima, ai politici.
Sono a favore delle Lobby:
che sia iLobbying, rivolto alle masse attraverso la rete, dove chiunque auto-dichiarato può dare il proprio contributo a migliorare il corpus normativo;
che sia grossroots lobbying dove un personaggio front desk si fa carico di portare avanti le istanze di un gruppo e moderare con il decisore interfacciandosi con il dibattito parlamentare, portando maggiore consapevolezza alle masse e chiedendone la precisa opinione;
che sia comunque e dovunque una good lobbying, la vera arma dei cittadini 2.0, una compenetrazione fra competenze lobbistiche, decisori, e masse partecipi, in grado di valutare e controllare anche attraverso una semplice app i lavori in corso, ed eventuali responsabilità e/o ostacoli.
Credo fortemente che il lobbying sia il modo più semplicie per riavvicinare ogni singolo cittadino alle istituzioni, assurdamente ed eccessivamente burocratizzate, chiuse alle comunità come cosche, indifferenti alla vita sociale, calate in un buio totale.
Facciamolo, rifacciamolo, annulliamo tutto e riproviamoci, saldati dalla politica, nelle radici della nostra cultura. Amen
HR Operation Manager presso KAIRÓS LBC
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